Nel contesto attuale, dove la sostenibilità ambientale e la responsabilità sociale d'impresa sono diventate priorità inderogabili, l'attenzione si è focalizzata sulla trasparenza e sulla rendicontazione delle emissioni di Scope 3, ovvero quelle emissioni indirette che si verificano nella catena del valore delle aziende. Questa tematica ha guadagnato rilevanza sia in Europa che negli Stati Uniti, manifestando però dinamiche e sfide peculiari in ciascuna area geografica. Da una parte, negli Stati Uniti, la Securities and Exchange Commission (SEC) ha optato per escludere le emissioni di Scope 3 dalla sua regola finale sulla divulgazione climatica per le società quotate, preferendo un approccio graduale incentrato sulle emissioni dirette di Scope 1 e Scope 2. Dall'altra, l'Unione Europea si è mossa verso una regolamentazione più ambiziosa con il tentativo di introdurre la Direttiva sulla Due Diligenza della Sostenibilità Corporativa (CSDDD), volto a imporre obblighi obbligatori per le aziende al fine di affrontare i loro impatti negativi sui diritti umani e sull'ambiente.
La decisione della SEC e lo stallo europeo si inseriscono in un contesto di crescente consapevolezza sulla difficoltà di misurare e segnalare in modo accurato le emissioni indirette, il che segna una battuta di arresto del processo di rafforzamento della rendicontazione corporate in materia di sostenibilità, sottolineando le sfide politiche e pratiche nell'implementazione di normative che richiedono un'ampia cooperazione tra Stati membri e settori industriali.
Qualità e disponibilità di dati
La segnalazione delle emissioni di Scope 3 rappresenta una sfida significativa per le aziende, che si trovano a navigare nella complessità delle proprie catene del valore per tracciare le emissioni indirette. Queste emissioni sono quelle che non derivano direttamente dalle attività dell'azienda, ma sono legate ai suoi fornitori e ai processi produttivi esterni, inclusi quelli legati all'uso dei prodotti finiti. La qualità e la disponibilità dei dati su queste emissioni sono cruciali per una rendicontazione precisa e affidabile. Tuttavia, raccogliere dati primari di alta qualità è particolarmente arduo, in particolare per le piccole e medie imprese che potrebbero non avere le risorse o le competenze tecniche per farlo. La mancanza di dati affidabili, accurati e specifici rende difficile per le aziende non solo misurare, ma anche implementare strategie efficaci per ridurre le proprie emissioni indirette.
Il problema della segnalazione di Scope 3 è aggravato dalla natura complessa delle catene di valore moderne, caratterizzate da reti intricate di fornitori, sottocomponenti e servizi logistici. Questa complessità si traduce in una maggiore difficoltà nel tracciare le emissioni lungo tutta la catena, dal momento che ogni anello può contribuire in modo significativo all'impronta di carbonio complessiva dell'azienda. La necessità di collaborare strettamente con un'ampia gamma di stakeholder, ciascuno dei quali può avere diversi livelli di consapevolezza e impegno verso la sostenibilità, aggiunge ulteriori sfide. Per affrontare efficacemente queste difficoltà, le aziende devono investire in relazioni solide e trasparenti con i propri fornitori e adottare metodologie avanzate per la raccolta e l'analisi dei dati. Solo così potranno ottenere una visione completa e accurata delle loro emissioni indirette e lavorare in modo concreto verso la loro riduzione.
Metodologie di calcolo
L'eterogeneità delle metodologie di calcolo delle emissioni di Scope 3 costituisce una delle principali difficoltà per le aziende impegnate nella rendicontazione ambientale. Questi metodi vanno dai calcoli basati sulle spese, che attribuiscono emissioni in proporzione alla spesa per prodotti o servizi, ai metodi che utilizzano dati medi, fino ad arrivare a calcoli più sofisticati e specifici per fornitore, che richiedono dati dettagliati sull'intensità delle emissioni per ogni singolo fornitore. Questa diversità di approcci può generare notevoli incongruenze nei report ambientali delle aziende, complicando la possibilità di confrontare le performance in materia di emissioni tra diverse organizzazioni o settori. La sfida è quindi doppia: da un lato, c'è la necessità di selezionare il metodo di calcolo più appropriato e affidabile per le proprie esigenze; dall'altro, è fondamentale lavorare verso una standardizzazione delle metodologie per facilitare la coerenza e la comparabilità dei dati a livello settoriale e globale.
Nel contempo, l'ingaggio degli stakeholder lungo la catena del valore si rivela cruciale per acquisire i dati necessari alla misurazione delle emissioni di Scope 3. Questo processo, tuttavia, si scontra spesso con ostacoli non trascurabili, come le preoccupazioni legate alla confidenzialità delle informazioni, il rischio di danneggiare la propria reputazione e la diversità di impegno e capacità di risposta degli stakeholder coinvolti. La riluttanza a condividere dati sensibili o la mancanza di strumenti adeguati per la raccolta e l'analisi delle informazioni possono rallentare significativamente gli sforzi di un'azienda verso una rendicontazione precisa e responsabile delle proprie emissioni indirette. Affrontare questa sfida richiede un approccio olistico, incentrato sul rafforzamento della collaborazione e della fiducia tra le aziende e tutti gli attori della catena del valore, promuovendo pratiche di trasparenza e incentivando un impegno condiviso verso la sostenibilità.
Risorse limitate
La gestione e la segnalazione delle emissioni di Scope 3 rappresentano una sfida notevole in termini di risorse per le aziende, con implicazioni particolarmente gravose per le piccole e medie imprese (PMI). Queste ultime, spesso limitate da budget ristretti e da una minore disponibilità di personale specializzato, si trovano a dover affrontare l'arduo compito di elaborare un'enorme mole di dati per mappare in modo accurato le proprie emissioni indirette. La raccolta, l'analisi e la segnalazione di tali dati richiedono un investimento significativo di tempo e risorse finanziarie, aspetti che possono distogliere le PMI dalle loro attività core business. Questo impegno risorse si rivela ancora più oneroso alla luce del fatto che molte delle emissioni di Scope 3 si verificano a livelli distanti all'interno della catena di approvvigionamento, spesso ben oltre il raggio di influenza diretta dell'azienda. La difficoltà di esercitare un controllo efficace su queste emissioni complica ulteriormente la definizione di obiettivi di riduzione realistici e l'attuazione di strategie mirate alla loro diminuzione.
In questo contesto, diventa fondamentale per le aziende, in particolare per le PMI, sviluppare e potenziare le proprie capacità interne ed esterne in materia di sostenibilità. Ciò implica investire nella formazione del personale, nell'adozione di tecnologie avanzate per la gestione dei dati e nel rafforzamento delle collaborazioni lungo tutta la catena del valore. Allo stesso tempo, è cruciale promuovere l'innovazione e l'adozione di pratiche più sostenibili a tutti i livelli della catena di approvvigionamento, incentivando i fornitori a migliorare la trasparenza e l'efficienza nella gestione delle emissioni. Un approccio collaborativo, che coinvolga tutti gli attori della catena del valore nell'impegno verso una maggiore sostenibilità, può facilitare la condivisione delle responsabilità e la distribuzione più equa degli oneri legati alla segnalazione delle emissioni di Scope 3. Attraverso tali sinergie, le PMI possono superare le barriere legate alle limitazioni di risorse e contribuire efficacemente agli obiettivi globali di riduzione delle emissioni e di protezione dell'ambiente.
Complessità normativa
Navigare nel complesso panorama normativo attuale rappresenta una sfida significativa per le aziende di ogni dimensione, ma particolarmente onerosa per quelle di piccole e medie dimensioni. Con le normative e gli standard di divulgazione che evolvono rapidamente in risposta alle crescenti preoccupazioni ambientali globali, le aziende sono richieste di mantenere un livello di conoscenza e di adattabilità estremamente elevato. Questa necessità di aggiornamento costante, unita alla variabilità degli standard che lascia ampio spazio a interpretazioni, può generare incongruenze nelle segnalazioni ambientali. Tali incongruenze non solo minano la credibilità delle aziende agli occhi degli stakeholder, ma possono anche complicare il confronto delle performance ambientali tra diversi attori del mercato, rendendo meno efficace il processo di benchmarking e, di conseguenza, di miglioramento continuo.
Parallelamente, il carico finanziario associato alla misurazione delle emissioni di Scope 3 può rivelarsi proibitivo, soprattutto per le piccole imprese che spesso non dispongono né dell'expertise tecnico né delle strutture organizzative dedicate alla gestione del carbonio. Questa situazione è aggravata dalla difficoltà di integrare in maniera efficace la segnalazione e la gestione delle emissioni indirette nei processi aziendali quotidiani. Molti attori economici faticano a incorporare le pratiche di sostenibilità come parte integrante delle loro operazioni, il che rallenta sia la raccolta dei dati sia l'implementazione di strategie di decarbonizzazione. Di fronte a queste sfide, emerge con chiarezza la necessità di adottare un approccio più olistico e sistematico nella gestione delle emissioni di Scope 3. Un tale approccio dovrebbe prevedere un maggiore supporto per le aziende, soprattutto le PMI, sotto forma di strumenti, risorse e linee guida chiare per facilitare la segnalazione delle emissioni e l'implementazione di misure di riduzione. Inoltre, è fondamentale incentivare l'integrazione della sostenibilità all'interno dei processi decisionali aziendali, promuovendo una cultura organizzativa che veda nella gestione ambientale non un onere, ma un'opportunità di innovazione e di creazione di valore a lungo termine.