L'analisi di scenario e l'obsolescenza del business plan
Le imprese operano in mercati sempre più volatili e interconnessi, dove pianificare a lungo termine richiede di tener conto di molteplici incognite: dall’andamento dell’economia globale alle innovazioni tecnologiche dirompenti, dalle evoluzioni normative ai cambiamenti nei comportamenti dei consumatori. In questo contesto, la pianificazione strategica aziendale ha adottato con crescente frequenza l’approccio per scenari simulati, mutuandolo dal campo della geopolitica e dell’energia. Piuttosto che affidarsi a un’unica previsione o budget rigido, le aziende leader costruiscono scenari alternativi sul futuro del proprio settore e li usano per stress-testare strategie e modelli di business. Questo processo coinvolge tipicamente il top management in esercizi di immaginazione strutturata: si delinea, ad esempio, uno scenario ottimistico di forte crescita economica e innovazione, uno scenario di recessione globale con protezionismo, e magari uno scenario intermedio. Per ciascuno, si valutano opportunità e rischi per l’azienda, identificando segnali precoci che potrebbero indicare quale futuro si sta materializzando. La finalità non è predire esattamente cosa accadrà, ma assicurarsi che la strategia sia robusta e possa affrontare diverse configurazioni di futuro plausibile. In altre parole, la pianificazione per scenari aiuta le imprese a strutturare una strategia a prova di futuro, rendendole più pronte ad adattarsi quando il mondo prende direzioni inaspettate.
Dopo un periodo di relativo accantonamento nei primi anni 2010, lo scenario planning è tornato prepotentemente al centro dell’attenzione strategica delle aziende negli anni recenti. Secondo McKinsey, “lo scenario planning è decisamente tornato” tra le priorità dei CEO in questo contesto di incertezza. La tumultuosa esperienza della pandemia di COVID-19 e le crescenti tensioni geopolitiche hanno ricordato ai leader d’azienda che basarsi su un unico business plan lineare può essere pericoloso. Al contrario, le aziende che hanno saputo immaginare in anticipo più possibilità sono riuscite a reagire con maggiore agilità agli shock. Nella letteratura manageriale classica sugli scenari (come “The Art of the Long View” di Peter Schwartz), si sottolinea proprio il bisogno di elaborare cornici logiche con scenari differenti, spesso presentati in forma vivida e narrativa, per esplorare l’ignoto. Ad esempio, anziché limitarsi a proiettare trend di mercato storici, un’azienda può costruire uno scenario in cui un nuovo concorrente digitale entra nel settore e rivoluziona le regole del gioco, e un altro scenario in cui invece i concorrenti tradizionali consolidano la loro posizione. Questo esercizio costringe i dirigenti a mettere in discussione le proprie assunzioni, sviluppando piani alternativi per far fronte a ciascuna eventualità. Studi hanno rilevato che, nella crisi finanziaria 2008-09, le società che avevano condotto analisi di scenario hanno ottenuto risultati migliori, avendo già identificato alcune mosse chiave per rafforzare la resilienza dei profitti in caso di recessione.
La consulenza strategica ha formalizzato l’uso degli scenari come strumento per mettere “a prova di futuro” le strategie aziendali, che devono performare bene in una varietà di scenari, non solo in quello più probabile o comodo. In pratica, questo significa che l’impresa dovrebbe evitare di puntare tutto su una singola scommessa sul futuro. Testando piani alternativi sui diversi scenari, i manager possono scoprire che la strategia inizialmente preferita risulta fragile – magari troppo ottimistica sulla crescita o esposta a una singola tecnologia – mentre un’altra opzione strategica si dimostra più resiliente ad ampi ventagli di futuro. Ad esempio, un produttore industriale potrebbe simulare uno scenario con prezzi dell’energia in forte aumento e un altro con avanzamenti normativi verso l’economia verde: se il piano aziendale attuale fallisce in uno di questi mondi, sarà opportuno modificarlo o prevedere misure di mitigazione.
Di qui la necessità, come fanno tutti gli Stati Maggiori delle Forze Armate, la necessità continua di elaborare scenari e risposte, simularli, testarli e prepararsi ad affrontali, privilegiando sempre quello peggiore. Così da formare una cultura aziendale aperta all’incertezza e pronta a scenari multipli, che diventa essa stessa un vantaggio competitivo, riducendo il bias di conferma e l’inerzia nelle decisioni.
Dal punto di vista operativo, la costruzione di scenari in azienda è sia un processo analitico sia uno strumento culturale. Molte imprese raccolgono dati e insight da diverse funzioni – marketing, R&S, finanza – e li combinano con analisi esterne (es. previsioni FMI, trend demografici, rapporti tecnologici) per definire le variabili chiave d’incertezza. Ad esempio, per un produttore automobilistico le incognite critiche potrebbero essere: la velocità di adozione dei veicoli elettrici, l’evoluzione delle normative sulle emissioni, l’andamento del reddito nei mercati emergenti e le dinamiche geopolitiche che impattano le supply chain. Si fissano quindi 2-3 assi di incertezza per costruire una matrice di scenari (spesso 2x2), ognuno con una narrativa coerente.
Stroncature applica questo approccio alle analisi di scenario partendo dai dati specifici delle aziende, combinandoli con modelli predittivi avanzati per ottenere valutazioni personalizzate. Attraverso l’utilizzo di strumenti di intelligenza artificiale, elabora scenari su misura, identificando variabili critiche e simulando diversi futuri plausibili. Questo metodo consente di integrare insight quantitativi con analisi strategiche, offrendo previsioni più accurate e adattabili alle esigenze di ciascuna realtà aziendale. L’impiego dell’IA permette di accelerare il processo decisionale, riducendo i tempi di elaborazione e aumentando la granularità dell’analisi. Stroncature fornisce così un supporto strategico basato su dati concreti, migliorando la capacità delle imprese di anticipare rischi e opportunità in contesti complessi e incerti.