L’esperienza della pandemia di Covid-19 ha dato un impulso straordinario a un cambiamento già in atto: la diffusione del lavoro ibrido, un modello che combina giorni in ufficio e giorni di lavoro da remoto. Se prima del 2020 il lavoro a distanza era un fenomeno marginale in molte realtà, oggi è diventato parte integrante dell’organizzazione per una larghissima parte di imprese e professionisti, al punto che si può parlare di “nuova normalità”. I dati confermano questa trasformazione: a fine 2022, ad esempio, i dipendenti d’ufficio si recavano in sede in media solo 3,5 giorni a settimana, circa il 30% in meno rispetto alle abitudini pre-pandemiche. Una rilevazione globale ha evidenziato che appena il 37% dei lavoratori d’ufficio è tornato a lavorare in presenza tutti i giorni, mentre la maggioranza (56%) adotta formule ibride flessibili, tipicamente 1-4 giorni in ufficio e il resto da remoto. Soltanto una minoranza (7%) è completamente remota. Questi numeri segnalano che il modello misto è diventato prevalente e destinato a durare: come osserva McKinsey, “il lavoro ibrido è qui per restare”, essendosi ormai stabilizzato sui livelli attuali dopo i picchi di assenza totale dall’ufficio durante i lockdown.
Il vantaggio più immediato del lavoro ibrido sta nella flessibilità e nel benessere che offre ai lavoratori. Eliminare alcuni giorni di pendolarismo significa recuperare tempo personale e ridurre stress: uno studio del WEF stima che la produttività può ricevere un incremento del +4,6% in media grazie alla riduzione degli spostamenti quotidiani e a una gestione più efficiente del proprio tempo. Inoltre, il lavoro da casa permette una migliore conciliazione dei tempi di vita e lavoro: i professionisti possono organizzarsi per le esigenze familiari o personali con maggiore agilità. Una ricerca condotta da Stanford su un ampio esperimento aziendale ha evidenziato che adottare due giorni a settimana di smart working non ha compromesso né la produttività né le prospettive di carriera dei dipendenti, ma ha invece ridotto del 33% il tasso di dimissioni volontarie. In altri termini, il modello ibrido ha portato a una maggiore soddisfazione e fidelizzazione: i lavoratori, godendo di più autonomia, erano meno propensi a cambiare azienda. Questo è un beneficio rilevante anche per le imprese, che vedono diminuire i costi di turnover e trattenere i talenti. Oltre a ciò, la possibilità di lavorare in remoto ha ampliato enormemente il bacino di reclutamento per le aziende: se la presenza fisica non è richiesta ogni giorno, un’azienda può assumere collaboratori che vivono lontano dalla sede – persino in altre regioni o Paesi – attingendo ai migliori profili senza la barriera geografica. Molte imprese segnalano di aver inserito in organico figure chiave che in passato non avrebbero considerato (perché riluttanti al trasferimento), grazie alla maggiore flessibilità offerta.
Dal lato dei professionisti, il lavoro ibrido comporta anche opportunità di crescita. La diffusione di strumenti digitali di collaborazione (videoconference, piattaforme condivise, chat aziendali) ha reso possibile cooperare efficacemente con team internazionali, sviluppando competenze interculturali e digitali. Paradossalmente, la migrazione forzata verso il remote working ha aumentato in molti casi la produttività individuale in attività di concentrazione: privi delle interruzioni tipiche dell’ufficio, molti lavoratori riescono a completare compiti complessi da casa in minor tempo. Naturalmente questo varia secondo il contesto e la persona, ma in generale i sondaggi indicano che una buona fetta di lavoratori percepisce di essere più produttiva a casa per determinate mansioni (specie quelle analitiche o creative che richiedono deep work). Allo stesso tempo, l’ufficio resta importante come luogo di interazione, brainstorming, socializzazione e appartenenza all’azienda. Il modello ibrido ben disegnato cerca di massimizzare i pro di entrambe le situazioni: si pianificano i giorni in presenza attorno ad attività collaborative, riunioni di squadra, sessioni creative o di allineamento strategico, mentre si destinano al remoto i lavori individuali o di analisi. Questo equilibrio, se raggiunto, porta a un uso del tempo più efficiente e soddisfacente per tutti.
Tuttavia, il lavoro ibrido presenta anche sfide significative che imprese e professionisti devono affrontare. Una delle principali riguarda la coesione del team e la cultura aziendale. La riduzione della frequentazione fisica rischia di indebolire il senso di appartenenza e la comunicazione informale tra colleghi. Le conversazioni spontanee alla macchinetta del caffè o in pausa pranzo – momenti di socializzazione che spesso generano fiducia e scambio di conoscenze tacite – sono difficili da replicare in videochiamata. I manager devono quindi adottare pratiche deliberate per mantenere unito il gruppo: ad esempio organizzando periodicamente incontri in presenza di tutto il team, o momenti virtuali di team building. Inoltre, con parte del personale in sede e parte collegato da remoto, si corre il rischio di creare lavoratori di “serie A” (visibili in ufficio) e “serie B” (più distanti). Questa potenziale sperequazione – chiamata anche bias di prossimità – può portare i manager meno attenti a favorire inconsciamente nelle promozioni e nei progetti le persone che vedono fisicamente più spesso. Diventa quindi fondamentale stabilire politiche chiare e inclusive: tutti devono avere pari accesso alle informazioni, alle opportunità e alla visibilità, indipendentemente da dove lavorano quel giorno.
La gestione dei flussi di lavoro è un’altra sfida. Coordinare un team ibrido richiede processi e strumenti ben oliati: occorre evitare che i lavoratori in ufficio prendano decisioni informali tra loro senza coinvolgere i remoti, o viceversa che chi è remoto si senta isolato. Molte aziende stanno adottando un principio “digital first”: anche se alcuni partecipanti di una riunione sono insieme nella stessa sala, si collegano comunque alla piattaforma digitale di meeting usata dal team, in modo da mantenere un’esperienza simile per tutti i partecipanti (ogni persona, anche in sede, con il proprio laptop e cuffie, per dare equità nelle possibilità di intervento). Inoltre, l’uso intensivo di strumenti di collaborazione e project management online aiuta a tenere traccia delle attività e responsabilità, rendendo meno necessario il controllo visivo diretto. Questi accorgimenti sono fondamentali per garantire l’efficacia operativa nel modello ibrido.
Sul piano individuale, i professionisti devono imparare a gestire il confine tra lavoro e vita privata quando lavorano da casa. Se da un lato si riducono i tempi morti del commuting, dall’altro molti lavoratori segnalano la tendenza a lavorare più a lungo orari, faticando a “staccare” la spina la sera o durante i giorni di remoto. Il burnout può essere un rischio se non si creano routine sane (ad esempio, mantenere orari fissi, predisporre uno spazio dedicato in casa, e imporre momenti di pausa). Le aziende possono supportare fornendo linee guida di right to disconnect e incoraggiando i manager a rispettare i tempi off dei collaboratori (evitando di esigere risposte a email al di fuori dell’orario, per esempio). Alcune imprese stanno anche ridisegnando gli spazi ufficio per adattarli al nuovo ruolo: meno scrivanie assegnate, più aree di co-working, sale riunioni attrezzate con videoconferenza di qualità per coinvolgere i remoti, e zone informali per socializzare nei giorni in presenza – l’ufficio diventa destinazione per interazione, non più il luogo dove necessariamente “fare il lavoro” routinario.
La percezione dei vertici aziendali sul lavoro ibrido è in evoluzione. Inizialmente molti leader erano scettici sulla tenuta della produttività a distanza: un sondaggio del 2020 indicava che il 78% dei dirigenti temeva effetti negativi o molto negativi della nuova modalità di lavoro sulla produttività dei dipendenti. Con il tempo, però, questi timori si sono in buona parte ridimensionati di fronte all’evidenza che, con gli strumenti e le regole giuste, la produttività può essere mantenuta, se non addirittura migliorata. Ad esempio, uno studio su larga scala condotto da Microsoft e Upwork ha rilevato che i dipendenti ibridi riportano livelli di produttività auto-percepita simili o superiori a quelli pre-pandemia. Resta però la preoccupazione per l’innovazione e la creatività a lungo termine: alcune ricerche suggeriscono che il lavoro completamente da remoto può ridurre le nuove idee e la coesione innovativa di un team nel tempo, per mancanza di interazioni casuali e brainstorming dal vivo. Il lavoro ibrido può mitigare questa dinamica, ma richiede che nei giorni in presenza si stimoli intenzionalmente la collaborazione creativa.
In conclusione, il futuro del lavoro appare sempre più “ibrido” e la sfida principale sarà ottimizzare questo modelloper massimizzarne i vantaggi e minimizzarne i rischi. Le imprese dovranno investire sia in tecnologia (connettività, strumenti digitali, sicurezza informatica per il lavoro da remoto) sia in formazione manageriale, per sviluppare una leadership capace di gestire team distribuiti. I professionisti, dal canto loro, dovranno coltivare soft skills come la comunicazione asincrona efficace, l’autonomia e l’autodisciplina, nonché la capacità di collaborare in ambienti virtuali. Se ben implementato, il lavoro ibrido rappresenta un win-win: per i dipendenti significa maggiore equilibrio vita-lavoro e soddisfazione; per le aziende, forza lavoro più motivata, minor turnover, accesso a talenti globali e spesso anche risparmi (si pensi alla riduzione di spazi fisici necessari). Come sintetizzato da un autorevole studio, “il lavoro ibrido è un triplo vantaggio – per produttività, performance e retention”. Realizzarlo richiederà adattamento organizzativo e culturale, ma i tren chiaramente che la flessibilità sarà una componente fondamentale del lavoro di domani. Chi saprà abbracciarla con strategie intelligenti potrà goderne i frutti, mentre chi tenterà di tornare a modelli rigidi del passato potrebbe incontrare crescenti difficoltà nel trattenere e attrarre i migliori talenti in un mondo ormai abituato alla flessibilità.
Fonti
How hybrid work has changed society | McKinsey
Study finds hybrid work benefits companies and employees | Stanford Report
1.3 The remote and hybrid workforce - The Future of Jobs Report 2020
New study shows how much more productive a hybrid workforce can ...