Cosa aspettarsi da un processo di due diligence da parte di un fondo VC
Quando un fondo di venture capital manifesta interesse ad investire in una startup e avvia la due diligence, l’azienda entra in un periodo di analisi approfondita in cui verranno esaminati tutti gli aspetti chiave del business. La due diligence (DD) è il passo che precede la definizione finale dell’investimento e serve al fondo VC per verificare le informazioni fornite, valutare i rischi e confermare che la startup rappresenti un’opportunità in linea con le proprie tesi d’investimento. È importante per i founder sapere cosa aspettarsi in questa fase, sia in termini di documentazione da preparare sia di ambiti di indagine.
In primo luogo ci sarà una due diligence di mercato e prodotto: il VC esaminerà la dimensione e le dinamiche del mercato della startup e vorrà accertarsi del product-market fit. Verranno analizzati i dati su cui si basa la domanda: ad esempio, il fondo si aspetta di vedere metriche di crescita utenti o ricavi che confermino l’adozione del prodotto. Uno sguardo attento è rivolto alla concorrenza: i venture capitalist studieranno i principali competitor, potenzialmente contatteranno esperti del settore per un’opinione, e valuteranno le barriere all’ingresso. Vogliono capire se il mercato è sufficientemente grande e in crescita e se la startup sta risolvendo un problema realmente sentito. Spesso, come parte di questa analisi, potrebbero chiedere reference call con clienti o partner: ad esempio, chiamare alcuni dei maggiori clienti della startup (previo accordo) per sentire dalla loro voce la soddisfazione sul prodotto e la percezione del valore. Inoltre, considereranno i rischi di mercato: regolamentazioni che potrebbero impattare, cambiamenti tecnologici, ecc., e si aspettano che il team abbia piani per mitigarli. Dunque la startup deve essere pronta a fornire dati di mercato, risultati di eventuali survey clienti, pipeline commerciale e qualsiasi elemento che dimostri che il prodotto ha trazione e il mercato è ricettivo.
Un secondo filone è la due diligence finanziaria. Il fondo VC scruterà in dettaglio i conti dell’azienda e le metriche economiche. Anche se in fase pre-profitto, la startup dovrebbe presentare bilanci (o situazioni contabili aggiornate), rendiconti di cassa, e previsioni finanziarie. I venture analyst calcoleranno indicatori come il burn rate mensile (quanto cassa si consuma al mese), il runway residuo (mesi prima di finire la cassa), e la composizione dei costi. Verificheranno eventuali debiti o impegni fuori bilancio, e controlleranno la congruenza tra metriche presentate nei pitch e quelle risultanti dai libri contabili. Particolare attenzione è posta su indicatori come gross margin, unit economics (costo di acquisizione vs ricavo per cliente), e tasso di crescita dei ricavi. Ad esempio, se la startup è SaaS, chiederanno metriche di MRR/ARR, churn, net retention. Se è e-commerce, guarderanno margini per prodotto, tasso di riacquisto, ecc. Aspetti come la qualità dei ricavi (ricorrenti vs una tantum) e la prevedibilità saranno discussi. Inoltre, faranno stress test sulle proiezioni: “quanto capitale serve realmente per raggiungere il break-even?”, “cosa succede ai conti se il fatturato cresce meno del previsto?”. È normale che i VC siano molto scrupolosi su questi fronti, perché vogliono assicurarsi che l’azienda non nasconda problemi di liquidità o costi imprevisti. La startup deve aspettarsi dunque di aprire il “libro mastro” e giustificare spese e investimenti, mostrando di avere il controllo amministrativo del business.
La due diligence legale è un altro pilastro. Il fondo affiderà ad uno studio legale di fiducia l’incarico di esaminare lo status societario: verranno controllati lo statuto, i patti parasociali esistenti, la cap table (per verificare che non vi siano dispute sulla proprietà delle quote). Ogni delibera o aumento di capitale pregresso viene passato al setaccio. Particolare enfasi sui diritti di proprietà intellettuale: i VC verificheranno che la società abbia titolarità su eventuali brevetti, marchi, software (ad esempio controllando i contratti con sviluppatori per la cessione dei diritti). Al contempo, esamineranno i contratti chiave: contratti con fornitori strategici, partnership commerciali, termini e condizioni con i clienti. Cercano clausole potenzialmente problematiche, come penali onerose, diritti di recesso anticipato di qualche partner importante, contenziosi legali pendenti o minacce di violazione IP. Inoltre, una componente standard è la verifica di conformità normativa: ad esempio, per una startup fintech controlleranno licenze o iscrizioni obbligatorie, per una medtech la conformità alle normative sanitarie, e così via. Anche aspetti di diritto del lavoro (es. contratti di dipendenti chiave, presenza di eventuali soci-lavoratori con diritti particolari) sono considerati. Insomma, il team legale del VC proverà a scovare qualsiasi rischio legale che potrebbe inficiare l’investimento. La startup deve quindi preparare una “data room” ben organizzata con tutti i contratti e documenti societari accessibili, e non stupirsi se arrivano molte domande dettagliate o richieste di chiarimenti su specifiche clausole contrattuali.
Molto importante è la due diligence sul team e la struttura organizzativa. Spesso il VC effettua colloqui informali con i membri chiave della squadra (oltre i founder, magari il CTO, responsabili di area), sia per valutarne competenza e allineamento, sia per scongiurare la presenza di conflitti latenti o problemi di cultura aziendale. Possono venir chiesti riferimenti su precedenti datori di lavoro dei founder o co-founder (reference check personali). Sul piano organizzativo, gli investitori valutano se la struttura attuale è adeguata a sostenere la crescita: “Ci sono ruoli scoperti critici?”, “La governance è sufficiente?”. Se la startup ha già un board o advisor, il VC potrebbe parlare con alcuni di essi per raccogliere impressioni. Inoltre, verranno osservate le dinamiche interne: un investitore esperto nota se c’è armonia e chiarezza nei ruoli tra i founder durante gli incontri di due diligence. Qualsiasi segnale di tensione o indecisione può allarmare (es.: founder in disaccordo su domande strategiche in presenza del VC). Ci si aspetta anche di vedere che l’azienda ha processi in embrione per gestione di progetti, sviluppo prodotto, KPI interni: non necessariamente formalizzati, ma almeno un certo ordine e metodo. Un segnale positivo è quando il management fornisce spontaneamente al VC report periodici già in uso (ad esempio, un aggiornamento mensile agli angel esistenti); ciò indica trasparenza e disciplina.
Un’altra area di analisi del fondo VC è la tecnologia (technical due diligence). Se il business è tech-driven, il VC quasi sempre coinvolge un esperto esterno (un CTO di un’azienda in portafoglio, o un consulente tecnico) per valutare l’architettura del prodotto, la qualità del codice, la roadmap tecnica. Questo esperto potrebbe fare sessioni con il team di sviluppo, rivedere codice su repository, valutare scalabilità e sicurezza della piattaforma. L’obiettivo è assicurarsi che non ci siano magagne tecniche nascoste (ad es. un’app ben presentata ma col codice insostenibile) e che la scelta tecnologica sia appropriata. Vengono anche controllate dipendenze critiche: se il prodotto dipende da tecnologie di terzi licenziate, i VC vorranno capire costi e rischi associati. L’aspetto cyber-security e protezione dati oggi è centrale: al team saranno fatte domande su come gestisce i dati utente, backup, protocolli di sicurezza. Un investitore vuole evitare lo scenario di investire e poi scoprire vulnerabilità gravi o violazioni normative (GDPR etc.). Quindi la startup dovrebbe predisporre documentazione anche sull’infrastruttura IT, listare eventuali certificazioni o audit effettuati, e mostrarsi proattiva su questo fronte.
Durante la due diligence, è importante capire che il processo è bidirezionale: il fondo fa le sue verifiche, ma contestualmente la startup ha l’occasione di conoscere meglio il fondo. Spesso vengono discussi i piani post-investimento: il VC potrebbe condividere ipotesi di crescita, milestones attese e governance proposta (es: ingresso nel board). I founder dovrebbero porre domande e assicurarsi che vi sia allineamento di vedute, perché la due diligence è anche un momento per confermare il fit con l’investitore. In parallelo alla due diligence interna, di solito si lavora in anticipo sul term sheet definitivo e i patti che disciplineranno l’investimento. Il legale del VC può avanzare richieste di clausole specifiche se dai controlli emergono aree di rischio: ad esempio, potrebbe richiedere una clausola di aggiustamento valutazione se scopre che certi contratti chiave sono ancora in forse, oppure insistere su protezioni (liquidation preference standard, covenants) se percepisce instabilità. Queste discussioni contrattuali avvengono in parallelo e la loro fluidità dipende dall’esito delle varie fasi di due diligence.
In sintesi, una startup deve aspettarsi un processo di due diligence molto rigoroso e potenzialmente impegnativo per il team, che può durare alcune settimane (fino a 4-8 settimane nei round più grandi). Serve massima collaborazione e trasparenza: fornire rapidamente i documenti richiesti, rispondere in modo preciso e coerente alle domande, riconoscere eventuali criticità spiegando come si intende risolverle. Atteggiamenti reticenti o tentativi di mascherare problemi sono estremamente pericolosi: i VC preferiscono vedere un problema dichiarato apertamente e magari irrisolto, piuttosto che scoprirlo da soli – la fiducia ne risentirebbe gravemente. Un buon approccio è anticipare molte informazioni predisponendo una data room completa fin dall’inizio del processo, così da dimostrare professionalità e ridurre l’asimmetria informativa. In definitiva, il due diligence di un fondo VC investiga tutte le dimensioni dell’impresa: mercato, finanze, aspetti legali, team e tecnologia. Superare con successo questa “radiografia” significa porre basi solide per un rapporto di investimento proficuo e a lungo termine. I founder dovrebbero vivere la due diligence non come un interrogatorio ostile, ma come un utile check-up della propria azienda, che spesso porta anche suggerimenti migliorativi e prepara ad avere una gestione più robusta in futuro.
Fonte
Understanding Venture Capital Due Diligence